BCCCAP00000000000000000000449

-5- quero lamentele da parte degli Ordinari diocesani, che non restarono sempre inascoltate. Non mancarono nemmeno dei Vescovi, i quali non intendevano di dar soverchio peso ai privilegi dei Religiosi, e questi a loro volta ricorrevano al Papa per essere difesi e protetti. Ecco alcuni esempi che dimostrano come i Pontefici tutelassero il loro primato, difendendo l'esenzione dei Religiosi. Il Vescovo di Ma– con, nel 1120, viene duramente rimproverato da Papa Calisto II, anzi punito coll'interdetta, per non aver rispettata l'esenzione del Mona– stero di Cluny. (Cfr. MARTENE, Thesaurus..., Tomo I, p. 350). Il Ve– scovo di Marsiglia, nel 1129, perseguita le monache di San Vittore, fino ad impossessarsi dei loro beni: ebbene, esse vengono efficacemen– te difese dal Legato Pontificio, in seguito ad un loro ricorso al Papa. (Ibid.). L'Arcivescovo di Narbona, nel 1380, ricevuto per cortesia nel monastero di La Grasse, ad evitare possibili contestazioni, rilascia al– ['Abate un attestato sottoscritto, per dire che il suo ingresso in mo– nastero non deve minimamente pregiudicare alla esenzione. (MARTENE, Thesaur., Tomo I, p. 1587). Si ebbero insistenti tentativi da parte di Vescovi diocesani nel Concilio generale di Vienna, sotto Clemente V, e nel Concilio Late– ranense, sotto Giulio II e Leone X, a fine di ottenere l'abrogazione, o per lo meno una accentuata riduzione dei privilegi e della esenzione dei Regolari. Tuttavia essi non ebbero seguito, perché i Pontefici resi– stettero nella difesa dei loro diritti. (Cfr. MARTENE, Tomo III, p. 264). Per la verità bisogna ammettere, che anche i Religiosi talvolta abusa– rono del loro privilegio e ne abbiamo una autentica documentazione nel Decreto di Graziano, come nelle collezioni dei decreti pontifici, dove accanto al titolo: « Degli abusi dei Prelati » (l. V., t. 31), vi leg– giamo il titolo: « Degli abusi dei privilegiati » (l. V, t. 33). Furono esattamente gli abusi che indussero in seguito i Pontefici alla riduzione dei privilegi e alla restrizione della esenzione per i Re– golari. Così fece Papa Martino V nel Concilio di Costanza (XLI, c. l); Leone X nel Concilio Lateranense IV (Sess. V); e sopra tutto il Con– cilfo Tridentino, il quale, se non ritenne opportuno abrogare total– mente l'esenzione dei Regolari, come diversi Padri chiedevano, ritenne miglior consiglio di procedere « con giustizia ed equità, con prudenza e carità » promulgano una legge generale, che, tenuta nel dovuto conto la dignità episcopale ed insieme futilità della esenzione dei Regolari, determinò chiaramente i limiti del privilegio, specificando i casi nei quali i Regolari debbono sottostare all'autorità episcopale, come tale, o come autorità delegata dalla Santa Sede. (Sess. XXV, De Regularibus et monial.). Il Tridentino ha così confermato il privilegio, perché prima del Concilio non esisteva una legge generale in proposito : l'esenzione ve– niva concessa singolarmente e di fatto a tutti gli Ordini monastici e regolari; il Tridentino invece ne crea una legge, cioé un diritto che ha servito di norma fino alla codificazione del Diritto Canonico, il quale nuovamente ha consacrato tale privilegio nel Diritto della Chiesa.

RkJQdWJsaXNoZXIy NDA3MTIz