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-3- dote, se uno di questi sacerdoti veniva eletto superiore, si poteva otte– nere dal Vescovo territoriale che il monaco sacerdote eserci:asse per la comunità monastica il sacro ministero, con una certa libertà, quasi come parroco, sempre limitatamente al personale del monastero. Sia– mo tuttavia assai lontani dal concetto di esenzione: era come una lon– tana, incomcia preparazione al privilegio. Un primo vestigio di esenzione lo troviamo nella Chiesa affricana, verso la fine del sec. IV o agli inizi del sec. V, quando i patriarchi · orientali incominciarono ad introdurre nella liturgia la cerimonia del così detto « Stauropegii ius ». Consisteva nel piantare una croce in un dato luogo scelto per la costruzione di un monastero, e da quel mo– mento il Patriarca stesso prendeva sotto la sua diretta potestà il luogo ed il futuro ;monastero, sottraendolo alla giurisdizione del Vescovo territoriale. Era una specie di esenzione, non certamente pontificia, se in virtù dello « ius Stauropegii » il monastero passava sotto la giuri– sdizione del Patriarca, non del Romano Pontefice, e precisamente o del Patriarca Primate di Cartagine, o di quello di Costantinopoli. (Cfr. THoMAssrno, Vetus et Nova Eccles. discipl., P. I, 1. 3, Cr.p. 31; e P. BuK, De exempt. regul., Bruxellis, 1863, p. 28; e C. LUPI, Op. omnia, t. IV, Venetiis, 1730, p. 437). Qualche Meh·opolitano tentò d'imitarne l'esempio, e ne fu ben presto pentito per le vivaci proteste suscitate dai Vescovi, mentre i Patriarchi vollero "riservato ad essi soli il diritto dello « Stauropegio ». (Cfr. BALSAMEN, Comment. in can. XXXI, Cane. Rpl.; e J. AssEMAN, Cod. Lyturg. T. VIII, p. 217, Romae, 1737). Ma questo riguarda la Chiesa Orientale. In occidente, i primissimi segni di esenzione dal potere episcopale, per una dipendenza diretta dal potere centrale pontificio, li troviamo più tardi, sul principio del secolo VII, quando il numero dei mona– steri era notabilmente aumentato: il numero e l'autorità morale, e tra i monaci vi erano già molti sacerdoti. I monaci godevano fama di santità e di laboriosità per la loro vita strettamente evangeLca di la– voro e di preghiera; ed erano assai apprezzati dalle autorità eccle– siastiche, come dai potenti del secolo. Fu così che incominciarono per essi favori e privilegi di diverso genere, ed il più ambito dei privilegi era appunto quello della esenzione, sotto il titolo di « privi]egium li– bertatis », che precedette quello che fu poi detto « libertas romana ». Naturalmente, i Vescovi si sentivano abbastanza legati da questi pri– vilegi monastici, e talvolta se ne lagnarono fortemente. Non manca– rono, specialmente in Germania, anche le protezioni dei Principi a favorire ed aumentare i privilegi e l'indipendenza di certi monasteri famosi. (Cfr. CHELODI, I, n. 282). Il primo esempio conosciuto di vera e propria esenzione di mona– steri si ha precisamente in Roma, nel 601, durante un ·concilio a cui presero parte, oltre al clero romano dei diaconi e dei preti cardinali, ben 20 Vescovi di varie parti del mondo cattolico, sotto la presidenza del Sommo Pontefice. Il Concilio si occupò tra l'altro. anche dei mo– naci in genere e della loro vita, e compilò un decreto molto interes-
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