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8- mente collaborare al bene delle anime nella Diocesi sotto la sua dire– zione. la sua autorità, il suo controllo. Le conseguenze sono molte e notevoli. Il Codice enumera le principali, che noi crediamo opportuno di accennare. L'Ordinario diocesano nei confronti dei Regolari può libera– mente visitare tutte le scuole esterne tenute dai Regolari, i circoli, i ricreatori, ecc. e controllare quanto riguarda la fede ed i buoni costu– mi (C. 1382). Può fare i pontificali (C. 337); amministrare la cresima (C. 792); predicare liberamente nelle loro chiese. Spetta al Vescovo diocesano la consacrazione della chiesa dei Regolari (C. 1155), delle campane (C. 1169); e di altari immobili (C. 1199 § 2); a lui sono riser– vate le cause del S. Offizio (C. 1265); e le .questioni tra persone reli– giose di Istituti diversi (C. 1579); l'esame delle aspiranti Suore avanti il noviziato e la professione (C. 552). Occorre il consenso del Vescovo per aprire la casa religiosa (C. 497); per aprire la chiesa al pubblico (C. 1162); per ascoltare le confessioni dei secolari o delle Suore (C. 874, 876), per predicare, per custodire la SS. Eucarestia in un oratorio non pubblico; per esporre il SS.mo Sacramento alla pubblica adora– zione; per esporre nuove immagini inconsuete; per fare pubbliche pro– cessioni; per pubblicare libri, riviste, giornali; per fare questue, ecc., ecc. I Regolari poi debbono obbedire agli m·dini vescovili quando co– manaa preghiere speciali per causa pubblica; quando ordina collette nella Messa; il suono delle campane; l'insegnamento catechistico; la spiegazione del Vangelo festivo, ecc. ecc. Ma questi non sono che una piccola parte dei casi specifici, nei quali i Regolari, ed i Religiosi in genere, debbono sottostare all'auto– rità episcopale. Alcuni distinti Autori canonisti, per maggior chiarezza, e volendo esporre tutti quanti i casi, li distinguono in quattro catego– rie: a) Tutto quello che il Vescovo diocesano può fare presso i Rego– lari esenti; b) quelle cose che i Regolari stessi debbono riservare al Vescovo diocesano; e) quello che i Regolari debbono compiere, se e quando il Vescovo lo comanda; d) e quello che non possono fare as– solutamente senza l'intervento del Vescovo. (Cfr. WERMEERCH-CREUSEN, Epitome I. C., L. I; WERNZ-VIDAL,_ Jus Can, t. III, De Relig.). Dopo tutto questo, e veramente non è tutto quello che si potrebbe elencare, che cosa effettivamente resta di esenzione per gli Istituti re~ Jigiosi, che godono di questo privilegio? Resta solamente quanto oc– corre per tenerli in vita, quanto occorre per il loro sviluppo, per la ragione stessa della loro provvidenziale esistenza nella Chiesa: l'unità di governo, la libertà per l'osservanza regolare e per la disciplina re– ligiosa, i mezzi indispensabili alla santificazione personale; in una pa– rola: la santa Vocazione. Fu Iddio medesimo che un giorno si fece sentire intimamente a quelli che sono i religiosi, e li chiamò in maniera più o meno ineffabile perché si santificassero in un Istituto particolare, ispirato esso pure da Dio, ed approvato dalla Chiesa. Risposero gene– rosi all'invito del Signore, ed in seguito hanno voluto e vogliono oggi compiere in tutto la divina volontà...

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