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18 [286] di san Bernardo. di san Girolamo e di altri. Proibite altre letture in comune o i~ particolare (dopo pranzo ai giovani perfino la Bibbia, per motivo di castità!) (54). Vietato lo studio della grammatica e, più ancora, delle arti liberali, come pure del diritto, eccetto alcuni trattati riservati unicamente ai superiori e a determinati frati a motivo del mini– stero delle confessioni e della predicazione. Gli ordinandi, oltre ad essere buoni lettori, bastava che avessero una sufficiente conoscen– za del breviario e del cerimoniale (55). Ogni venerdì v'era il capitolo generale delle colpe per tutti, a cominciare del presidente, il quale diceva la sua colpa al più anziano affinché gli altri frati non si vergognassero di accusare la propria. Altri capitoli ordinari delle colpe avevano luogo ogni giorno prima del pranzo, e dopo la recita delle ore canoniche al– l'uscire dal coro (56). Dalla festa della S. Croce (14 settembre) fino al1a Risurrezione, quando le notti sono lunghe, veglia nel « vigilatorio » (vegliatorio), alla luce di due o tre candele: sempre in silenzio, ognuno attendeva allo studio dell'ufficio divino e di altre cose necessarie, a scrivere e correggere libri santi, a deco– rare, cucire, rappezzare ecc. (57). Disciplina ogni notte per la durata di un Miserere, con 25 sferzate (58). Silenzio assoluto tutto il giorno (59). Rarissime le uscite fuori clausura, e sempre in due, possibilmente fratelli laici, indos– sando il mantello; il questuante, però, poteva uscire solo, perché il mantello e la bisaccia gli facevano da compagno (60). Affin di evitare le uscite, era permessa la presenza di un ragazzo o gar– zone per ogni convento di sei frati, due per quelli di dodici, tre per quelli di venti, e quattro per quelli di trenta; ragazzi o garzoni erano sottomessi anch'essi a una rigida disciplina religiosa (61). (54) La lettura apparteneva agli uffici contemplativi. Cf. Introd11cci6n, 710s, 744-746, 858, 863. (55) La loro prevenzione o, forse meglio, l'ostilità verwso gli studi, i Valla– creciani la ricavavano dal capitolo X della Regola nonché dall'intenzione e dalla pratica di san Francesco, interpretata come divieto formale di studiare. Cf. Introducci6n, 594-603, 691, 710, 723s, 737, 765ss, 861-867, 907. (56) Introducci6n, 688, 723, 742. (57) Ibid. 713, 741. (58) Ibid. 742s. (59) Sulla pratica del silenzio rigoroso e continuo, cf. Introducci6n 688, 730, 733, 736, 771, 907. (60) Ordinazioni e costumanze sulla clausura, in Introducci6n 720, 736s, 750-752, 767, 793-795, 919s. (61) Introducci6n, 763, 801.

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