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STEFANO DA ADOAIN 369 di essi e di ogni cura pastorale dopo che, nel 1817, mori l'ultimo, padre Francesco da Andujar, maestro di Bolivar. Appena giunto, il missionario rimase colpito dallo stato di degenerazione morale in cui era caduto quel popolo da tanti anni privo di assistenza spirituale. Fu dolorosamente impressionato dal gran numero di ma– trimoni e di figli illegittimi, di infedeltà coniugali, dai balli indecenti e dalla mancanza del pudore. Nel tentativo di rimediarvi, rivolse le sue cure ai bambini: li catechizzò e preparò alla prima comu– nione. La solennità della cerimonia con cui la volle amministrare, fini per coinvolgere anche i grandi, che cominciarono ad abbando– nare le loro cattive abitudini e a recarsi in chiesa. Perché la con– versione fosse piu profonda e massiccia, organizzò una missione generale, i cui fulcri erano la predica e il confessionale. Insieme alla parrocchia, si commosse tutta la zona, mentre la gente accorreva da lontano per ascoltare la parola di Dio e confessarsi. Il 6 aprile 1843, in compagnia d'un altro sacerdote cappuc– cino, padre Stefano giunse a San Fernando de Apure, importante porto fluviale costruito anch'esso da missionari dell'Ordine nel 1788. Sempre continuando a predicare nei luoghi per i quali passava, finalmente il 1O maggio entrava in Sant'Antonio di Guachara, vil– laggio fondato anch'esso dai missionari e abitato da indii, i quali, uomini e donne, non portavano addosso altro che un « guayuco » o perizoma. Iniziata la loro evangelizzazione, la voce si diffuse immediatamente per tutta la regione e presto cominciarono ad accorrere indii anche da altri villaggi. Uno dei loro vizi peggiori era quello dell'ubriachezza. Un autoctono in stato di ebrietà era capace di dar via qualsiasi cosa per una bottiglia di acquavite. Ora, per antica tradizione, i missionari erano considerati padri e difensori degli indii, e, volendo essi assolvere a questo loro com– pito, promulgarono una ordinanza che vietava l'uso dell'acquavite. Essa scatenò le ire dei trafficanti e delle autorità locali, mentre nella nazione, al regime moderato, era succeduto quello ostile dei liberali. A queste difficoltà esterne si aggiunse lo sfinimento fisico dei due missionari confinati in quel posto avanzato: la malaria e la denutrizione cronica li ridussero in fin di vita. Stesi mezzo morti sui loro giacigli, si domandavano chi sarebbe stato il primo a chiudere gli occhi. Il padre Stefano pensava che sarebbe morto 24

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