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STEFANO DA ADOAIN 367 dai liberali, per non sentirsi abbastanza sicuri dopo l'eccidio dei frati perpetrato in Madrid poche settimane prima. Portando con sé la suppellettile liturgica di maggior valore e « le teste dei santi » tolte alle statue smontabili della chiesa, si rifugiarono nella zona carlista dei Pirenei. Tra i 19 studenti che facevano parte del gruppo dei profughi, v'era fra Stefano che, con l'andar del tempo, avrebbe dovuto affrontare una mezza dozzina di volte simili frangenti, sem– pre per causa dei fautori della stessa ideologia politica. Egli compirà il corso dei suoi studi spostandosi or qua or là, sempre in cerca di un luogo piu sicuro, fino al sopraggiungere della esclaustrazione forzata del 1836. Prevenendo questo decreto di abolizione degli Ordini religiosi in Spagna, il provinciale dei cappuccini navarri, imprigionato in se– guito alla fuga notturna dei suoi frati da Pamplona, ordinò che gli studenti del corso di fra Stefano sostenessero l'esame di teologia e di eloquenza. Ma il suo non fu un esame brillante. Durante i due primi anni della soppressione, egli prestò aiuto in alcune parrocchie, applicandosi in pari tempo allo studio della teologia morale. Ma fuori convento si sentiva come un pesce fuori acqua. Rimpiangeva la vita di comunità, l'abito, la barba e tutto ciò che costituiva il modo di essere, che l'aveva spinto a optare per il chiostro. Né meno sentita era l'impossibilità di applicarsi alle forme di apostolato tipiche del suo Ordine, quale quella di dare le missioni tra fedeli e infedeli, cosa proibita nella sua patria. Poco dopo la violenta soppressione degli Ordini religiosi, i cappuccini spagnoli furono dal papa giuridicamente raggruppati in un commissariato apostolico. Il padre Stefano preferi portarsi a Roma per sollecitare la sua destinazione direttamente dal padre com– missario Firmino da Alcaraz, il quale lo incorporò alla provincia delle Marche, dove l'austerità della vita cappuccina vigeva in tutto il suo rigore. Apprese con relativa facilità l'italiano, tanto da poter predicare qualche quaresima in centri minori, servendosi di discorsi propri oppure composti da altri. Da questa esperienza italiana, che durò due anni e mezzo, non solo acquistò una maggiore maturità per la predicazione popolare, ma poté accumulare un vero reperto– rio di materiale predicabile che, tradotto oppure nella lingua origi– nale, utilizzerà durante tutta la vita.
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