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STEFANO DA ADOAIN 373 Sotto l'aspetto sociale, religioso e morale la situazione di Cuba era forse ancor piu difficile che quella della repubblica venezuelana. La sua popolazione era un miscuglio di bianchi, negri, gialli e me– ticci di queste ed altre razze. Si viveva in concubinato alla luce del sole; il clero era scarso e privo di adeguata formazione: a dire del generale che in quegli anni governava l'isola, vi erano in essa appena 438 ecclesiastici, per una popolazione di un milione di abitanti. Per lavorare con frutto in tale ambiente, occorreva un gruppo di uomini come quelli che accompagnavano il Claret, che, consapevole della esperienza del padre Stefano, era solito assegnargli come compagno qualche altro sacerdote meno esperto. Crocifisso al collo, immagine della Divina Pastora arrotolata in spalla e corno per convocare il popolo nella mano, il padre Stefano diede l'avvio alla prima missione cubana in compagnia del segretario del vescovo. Seguiterà cosi nel corso di molti anni. Nel villaggio di Mor6n dovettero impiegare dodici o quattor– dici ore al giorno nelle confessioni. In quello di Sagua, come in nessun altro luogo - è il padre Stefano a riferire - trovò « tanti concubinati, adulteri, incestuosi e divorziati». Eppure ne riparti gran– demente consolato, poiché quella popolazione di tabaccai aveva risposto in modo degno di ammirazione. In Baracoa, che si vantava della sua antica fondazione (1511) e dove l'ultima missione era stata data nel 1788 da due cappuccini del collegio dell'Avana, fu– rono distribuite piu di 4.000 comunioni, dopo una intensa prepa– razione che si era protratta piu d'un mese. Nel villaggio di Mayarf– Alto furono regolati 220 matrimoni concubinati; ciò costrinse il padre Stefano a leggere un record di proclami, e lo sforzo, unito a quello della predicazione, gli cagionò un esaurimento, per la prima volta nella sua vita. Durante la preparazione per il precetto pasquale del 1852, si conquistò a tal segno la fiducia dei detenuti del carcere penale di Santiago, che non giudicò rischioso farli venire a confessarsi in cattedrale, e impegnò la sua parola con lo stupefatto direttore che aveva i suoi bravi dubbi. Dodici sacerdoti, con a capo il vescovo, li attendevano nel tempio. I carcerati attraversarono processional– mente la città, si confessarono e quindi tornarono tranquillamente al carcere, sotto gli occhi attoniti dei cittadini.
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