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Duns Scoto nella francescana 23 Proprio questa affermazione «non c'era nessuna necessità» ci ri– chiama un altro dell'attuazione di Cristo nell'opera della reden– zione. Duns Scoto scarta qualsiasi esigenza da parte di Dio o da parte del– l'uomo peccatore perché la redenzione si verificasse attraverso la soffe– renza di Cristo. «Infatti l'uomo avrebbe potuto esser redento in altro modo e invece fu redento in questo modo per libera volontà. Gli siamo obbligati ancor più che se questo modo fosse stato necessario e non avessimo potuto essere redenti diversamente. Fu per guardagnarci al suo amore che fece questo e perché l'uomo si sentisse maggiormente obbligato verso Dio» 51 • Ecco che qui appare di nuovo la luce illuminatrice dell'amore come carità, dell'«amor iustitiae». Dio dimostra la sua giustizia nella redenzione me– diante la passione e morte del suo Figlio, ma non nel senso anselmiano di ricerca di una compensazione equivalente all'offesa ricevuta. È piuttosto la manifestazione dell'amore giusto, l'amore casto, l'amore che di per se non richiede, che si antepone (formalmente) alla ricompensa e soddisfazione che, ciò nonostante gli sarà concomitante. ,Perciò dice Scoto siamo più ob– bligati verso di lui. Perché non aveva bisogno di farlo così. È stata soltanto la volontà di manifestare il suo amore e aprirci alla possibilità di amare come lui. Allo stesso modo, come il Padre predestina Cristo uomo ad es– sere coamante nella gloria dell'amore puro, similmente Cristo vuole noi della gloria del suo amore. E ci invita a prendere la croce. Il do– cumento IV della Positio su «Le virtù cristiane nel pensiero di Duns riferendosi a punto avverte: «Qui il Teologo diventa Mi- stico: si dimostra il vero innamorato di Cristo Crocifisso, il quale sull'e- dell'amore senza limiti di Cristo verso il Padre e verso le creature. L'essenza della passione, l'anima di essa è l'amore, la carità. Anche se si prescinde dal peccato Gesù Cristo fu voluto passibile e mortale perché morendo manifesta nella forma più completa il suo amore al Padre e il Padre, nella morte del suo Unigenito, rea– lizza la comunicazione massima del suo amore al di fuori di sé. Il principio che giu– stifica questa prospettiva di S. Bernardino è enunciato nel ben noto testo del van– gelo di S. Giovanni: «Non c'è amore maggiore di quello di dare la propria vita per i propri amici» (15, 13). F. S. PANCHERI, Il primato universale di Cristo, in Problemi e fi– gure della scuola scotista del Santo, Padova 1966, pp. 183-413. Il testo citato è a p. 326. 51 «Ex quo enim aliter potuisset homo redimi et tamen ex sua libera voluntate sic redemit, multum ei tenemur et amplius quam si sic necessario, et non aliter po– tuissemus fuisse redempti; ideo ad alliciendurn nos ad amorem suum, ut credo, hoc praecipue fecit, et quia voluit hominem amplius teneri Deo». Ord. III, d. 20, q. un., n. 10; XIV 738a.
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