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18 Bernardino de Armellada dura, ma che in fondo è equivalente: «rinnegare se stesso» 36 • Orbene, per quanto sembri pesante all'egoismo umano, Scoto assicura che non si tratta di andare contro la natura. Anzi, l'amore di Dio sopra tutte le cose e più che a se stesso, appartiene alla logica più chiara dell'essere umano. Quando Dio richiede dalla creatura l'amore assoluto, al di sopra della propria vita, non toglie qualcosa che per natura corrisponderebbe all'uomo. L'uomo è naturalmente capace di amare Dio sopra tutte le cose, non è retto nel suo essere che amando Dio così: è fatto per questo. Perché questa è la prima, la più genuina direzione antica dell'amore: cioè - il massimo che si possa affermare - il bene per essenza, il bene infinito. Solo partendo da questo amore si giustifica e si purifica nello stato presente l'a– more di se stesso e l'amore di tutti gli uomini e di tutte le cose. Questo, secondo Duns Scoto, entra nella capacità dell'uomo che lo pensa sul serio. E ci dà la spiegazione: la ragione ci dice che bisogna amare il bene in proporzione alla sua realtà di bene - cioè, di bene in sé, nel suo segno (momento) anteriore a qualsiasi riferimento utilitaristico -. Eb– bene, nel riconoscere Dio come il bene supremo e assolutamente necessa– rio in sé, la volontà può decidersi ad amarlo come bene supremo, al di sopra di ogni bene relativo e limitato, come sarebbe il proprio bene o la propria convenienza 37 • Notiamo subito che con questo ragionamento Scoto è ben lontano dal negare la necessità assoluta della carità teologale o infusa per la vita soprannaturale o di unione immediata con Dio. Quelli che hanno voluto attribuirgli una tale conclusione, l'hanno fatto partendo da angolazioni estranee al processo raziocinativo di Scoto. Non è que– stione di mettere in dubbio la soprannaturalità del dono divino o la neces– sità della carità infusa, anzi si tratta di un presupposto della sua medesima possibilità. Perché la virtù infusa della carità non modifica essenzialmente la natura umana, piuttosto la perfeziona nella linea della sua capacità. È interessante seguire la linea del ragionamento scotista: comincia affer– mando, nel Prologo dell' Ordinatio, che «niente c'è di più ragionevole che il dovere di amare Dio (come fine ultimo) sopra tutte le cose e il prossimo come se stesso, perché sembra che non ci sia altra cosa che la semplice 36 Mt 16, 24; Le 9, 23. 37 «... (ratio naturalis) dictat solum summum bonum infinitum esse summe di– ligendum, et per consequens voluntas hoc potesi ex puris naturalibus: nihil enim potesi intellectus recte dìctare, in quod dictatum non possit voluntas naturalis na– turaliter tendere; alias voluntas esset naturaliter mala ve! saltem non libera ad ten– dendum in quodlibet, secundum illam rationem boni secundum quam ostenditur sibi ab intellectu,,. Ord. III, d. 27, q. un. n. 13; XV, 367b.

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