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Duns Scoto nella spiritualità francescana 17 mtuna essenza della volontà nella sua condizione di libertà, di indipen– denza da ogni influsso estrinseco, che fa che Dio sia carità essenziale e che si comunica alla creatura spirituale, è il punto chiave per la spiegazione scotista di ogni relazione tra l'uomo e Dio. Da qui parte ogni spiegazione teologica del dogma e conseguentemente della vita spirituale. In questa prospettiva l'amore di Dio alle creature, lo stesso amore di Dio a Cristo in quanto Verbo fatto uomo, possiede un primo momento (segno), anteriore, formalmente, a quel che si potrebbe chiamare egocen– trismo divino cercando la propria gloria. Non che questa dimensione del– l'amore venga esclusa; ma non viene inclusa nel primo segno dell'amore. Perciò quando si dice che «Deus caritas est et qui manet in caritate in Deo manet et Deus in eo» 35 (Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui) si sta supponendo che Dio vuole essere amato con l'a– more con cui egli stesso ama, cioè con una prima e radicale tendenza che non sia utilitaristica. Giacché persino in Dio la maggior gloria è quella di non cercare (come se gli mancasse) la propria gloria, questo si traduce nel– l'uomo con il comandamento di amare Dio al di sopra di tutte le cose, anche più di se stesso, disposto alla rinuncia più assoluta, fino a dare la vita per Lui. 5. Amare Dio sopra tutte le cose Questo è il primo comandamento e sappiamo per esperienza che con esso Dio tocca la ferita più profonda del peccato del mondo: la tendenza quasi innata in ogni uomo a non immaginare un altro orizzonte il cui cen– tro non sia lui stesso. Nel Vangelo si trova un'espressione che sembra più Ibid., n. 7; XV, 360b. Nel passo parallelo dei Reporiata Duns Scoto arriva a dire che l'amore che Dio ha verso se stesso e l'amore che noi professiamo verso di lui hanno lo stesso motivo; se Dio ama se stesso non è perché è il suo proprio bene,. ma per– ché è semplicemente il bene. Così nella carità noi amiamo Dio a causa della sua as– soluta bontà. («Contra, obiectum caritatis Dei et meae est idem, sicut beatitudo mea et sua habet idem obiectum et visio, quia potentia non quietatur, nisi in summo et perfectissimo sub communi obiecto adaequato, et id tantum quietat omnes tales potentias. Sed Deus non est obiectum caritatis suae, ut includendo, quod est bonum sibi, nec includendo ut est bonum sibi; unde amare se non retorquendo secundum rationem ad se, est primus actus; unde beatus et formali ter diligendo se propter se, non concupiscendo sibi». Rep., III, d. 27, n. 7; XXIII, 481b). 35 1Gv4,16.

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