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14 Bernardino de Armellada immediato. L'uomo è dunque «capax Dei.». L'essere finito può trovarsi m comunione di vita con l'essere infinito. Questo costituirà logicamente il punto culminante della sua tensione innata alla perfezione. Abbiamo così il presupposto che illumina il nuovo punto reale di convergenza tra l'essere creato e Dio nella realtà dell'essere comune - di entità minima -; dove l'uomo arriva all'affascinante scoperta del contrasto della propria limita– tezza di fronte all'Essere infinito, il quale, non includendo contraddizione, non può fare a meno di esistere, come afferma Scoto colorando il noto ar– gomento anselmiano 27 • Tuttavia, questa affinità così profonda Scoto la vede nella cornice di un dualismo insopprimibile, in una distanza metafisicamente invalicabile da parte dell'uomo. Dunque, una capacità naturale che è paradossalmente desiderio ontologico di una perfezione soprannaturale. È naturale, perché si identifica con la stessa natura dell'essere spirituale; ed è soprannatu– rale, perché non si può verificare, e tanto meno realizzare coi mezzi natu– rali. C'è il contrasto di miseria e di grandezza che la filosofia naturale ripu– dia perché umiliante; per Scoto invece - come poi ribadirà Pascal - si– gnificherà il dono divino che maggiormente esalta la dignità dell'uomo 28 • Quindi si dimostra qui l'autentico ottimismo di fronte alla bontà radicale dell'uomo, immensamente nobilitato per la sua possibilità di comunicarsi 27 «Item, quia intellectus cuius obiectum est ens, invenit repugnantiam intelli– gendo aliquod infiniturn, imrno videtur perfectissimum intelligibile... Per istud po– test colorari illa ratio Anselmi de summo bono cogitabili, Proslogion, et intelligenda est eius descriptio sic: Deus est quo cognito sine contradictione maius cogitari non potest sine contradictione. Et quod addendum sit "sine contradictione" patet, nam in cuius cognitione ve! cogitatione includitur contradictio, illud dicitur non cogita– bile, quia sunt tunc duo cogitabilia opposita nullo modo faciendo unum cogitabile, quia neutrum deterrninat alterurn». Ord. d. 2, p. 1, q. 1-2; Vat. II, nn. 136s, p. 208s. Cfr. BERNARDINO DE ARMELLADA, El infinito, 1,barrera o apertura teologica? VISion desde el escotismo, in Homo et mundus, pp. 81-92. 28 «Et si obicitur quod istud vilificat naturam quod ipsa non possit consequi perfectionern suam ex naturalibus, curn natura rninus deficiat in nobilioribus, ex II De caelo et munda, respondeo: si felicitas nostra consisteret in speculatione su– prema ad qualem possurnus nunc naturaliter attingere, non diceret Philosophus na– turam deficere in necesariis. Nunc autern illam concedo posse haberi naturaliter, et ultra, dico aliam erninentiorern posse recipi naturaliter. Igitur in hoc mais dignifica– tur natura, quam si suprema sibi possibilis poneretur illa naturalis; nec est mirurn quod ad maiorem perfectionem sit capacitas passiva in aliqua natura quam eius causalitas activa se extendat». Ord. Pro!. p. 1 q. un.; Vat. I, n. 75, p. 45s.

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