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Duns Scoto nella spiritualità francescana 13 Ritengo che nessun pensatore - né Aristotele col suo Dio estraneo al mondo e neppure Karl Barth nei suoi migliori tempi antianalogici - abbia accentuato e difeso con più vigore e logica il mistero della assoluta tra– scendenza o in termini rahneriani la indisponibilità o «inmanipolabi– lità» - di Dio. Con quello che possiamo chiamare «scalpello metafisico» delle sue distinzioni formali, arriva a una riduzione della divinità in cui le medesime idee eterne delle cose possibili distinte da Dio vengono formal– mente diversificate dall'essere divino. Soltanto in un secondo momento si fanno presenti al divino intelletto, in forza di una certa causalità da parte dello stesso intelletto 25 • Un'essenza divina distinta non solo dal creato, ma differenziata anche da qualsiasi idea della sua possibilità 26 . Non è possi– bile un modo più drastico di «lasciare che Dio sia Dio». 3. Affinità con Dio Sembrerebbe una contraddizione, eppure questa diversità assoluta di Dio è la ragione per la quale l'essere finito, nel suo riferimento consustan– ziale al nulla, non può avere altra origine del suo essere e perfezione, se non dall'essere infinito, l'essere contrapposto assolutamente al nulla. E quel che è la sua origine, è anche il suo ultimo fine perché è la ragione to– tale del suo essere. Scoto torna a fissare lo sguardo sul dato rivelato; in quello che la filosofia da sé non sarebbe capace di scoprire, cioè: Dio ha destinato l'uomo a partecipare della sua vita intima in modo personale e 25 «... intellectio Dei, licet non sit absolute causata, tamen ut est huius obiecti secundarii (puta lapidis) est quasi principiata, et hoc ab essentia quasi ratione for– mali ohiectiva aequivoca, - et ita magis principiata quam ut primi obiecti, quia sic est principiata quasi ratione formali univoca. Sic ordo erit inter omnino imprinci– piatum (ut essentiam), et quasi principiatum univoce (ut intellectionem essentiae), et quasi principiatum aequivoce sed necessario (ut intellectionem lapidis), et quasi principiatmn aequivoce et contingenter (ut volitionem lapidis)». Ord. I d. 36 n. 39s, VI 286s. Cfr. R. ROSINI, La suprema distinzione tra Dio e il mondo in Duns Scoto, in Homo et Mundus (Acta Quinti Congressus Scotistici Internationalis), ed. Camille BÉRUBÉ, Romae 1984, pp. 338s. " «Ergo falsum quod obiecta secundaria immediate terminant "intelligere" sicut nec movent, - nam neutro modo necessario requiruntur ad actum, sed requi– runtur in ratione termini, ad actum ut huius; hoc non dicit nisi relationem in obiecto secundo. (Adnotatio Duns Scoti): Deus: intellectus, essentia ut ratio; intelligere: essentia ut primus terminus, lapis, angelus etc. secundaria obiecta». Ord. I, d. 36, q. un.; Vat. VI, n. 43, p. 288.

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