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Effettuato l'imbarco, giunse informazione che due «feluche » armate del vicerè incrociavano lungo le coste del golfo con l'impegno d'impedire la partenza della delegazione e catturare tutti i componenti « vivi o morti ». Le acque si trovavano agitate per furia di venti e le tenebre incombevano pesanti, mentre urgeva la necessi tà di partire. Due eran le alternative ugualmente pericolose: costeggiare con rischio di cadere in mano degli avversari, i quali, a causa del mare tempestoso, si prospettavano questa decisione : o avventurarsi al largo, sfidando con audacia la violenza dei marosi. S. Lorenzo, fatta breve preghiera, rompe l'incertezza dei marinai : « Orsù, fratelli - dice - mettetevi in alto mare, e non temete; perchè ciò che non vuole il duca lo farà il mare..... e passeremo senza danno! » Le due «feluche », uscite come invisibili dal golfo cli Napoli, puntano verso il porto di Terracina, territorio pontificio, nei cui dintorni, vicino a una « torre » fanno la prima tappa; poi proseguono la navigazione con mare tranquillo, dirette a Ostia. S. Lorenzo nel viaggio si era ristabilito e appariva giulivo. Nella notte del 12 ottobre sostò brevemen te a Roma. La mattina del giorno successivo ripartì. Era sabato. Una profezia e un miracolo La movimentata fuga del Santo, il suo viaggio clandestino, con la breve fer– mata nella Città eterna vennero a conoscenza del duca di Osuna, che ne fu allarmato. Sfuggitagli la preda, resi vani i tentativi di arrestarne il cammino, si persuase che la missione di S. Lorenzo avrebbe potuto por termine al malgoverno, costrin– gendolo a rispondere del proprio operato. Fu allora che ricorse, con subdola e intensa azione diplomatica, alla corte pontificia, e questa si dimostrò oscillare tra ambigue incertezze - sulle quali, per brevità, sorvoliamo - le cui conseguenze si ripercossero penose sulla delegazione condotta da S. Lorenzo, quando era già anivata a Genova. Nella breve sosta a Roma (12-13 ottobre 1618) il Santo non restò inoperoso. In mezzo ai colloqui con gli informatori a servizio della nobiltà napoletana, che gli consigliarono di mettersi in viaggio con ogni sollecitudine, scrisse una lettera al duca di Baviera, Massimiliano. E' un documento di eccezionale impor– tanza, per il contenuto spirituale e profetico, di cui andò smarrito l'originale. Dopo ragguagliato il suo amico di aver « tralasciata la prima opera buona (visitare chiesa e convento di Brindisi) per farne un'altra migliore, (la missione in favore dei napoletani) », soggiunge: « Io parto, animato da viva confidenza nella misericordia del Signore che, in questo viaggio, sia per dar fine alle calamità del Regno di Napoli, ed alle miserie ancora della mia vita. Prego Iddio che in Cielo, dove spero di esser anch'io 1icevuto in questo medesimo viaggio, doni a V. A. Sere– nissima il premio delle sue virtù... Gesù e Maria ci benedicano... ». Le peripezie di questo tormentato viaggio si susseguono. S. Lorenzo si rimette in navigazione su una «feluca » più veloce, mentre due vascelli armati del vicerè di Napoli incrociano le acque che dovrà solcare per arrestarne il percorso; il mare è sconvolto dall'uragano. Tuttavia il Santo giunge fe licemente nel porto di Civita- 78 *

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