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Si fecero arditi e domandarono, ma egli si dimostrò inesorabile; era malato e non poteva « visitar a piedi »; esplicite disposizioni proibivano che i Commissari fossero eletti. Conclusione: ordine per santa ubbidienza ai vocali che non dessero e agli scrutatori che non raccogliessero voti in suo favore. Fu allora che l'assemblea fu pervasa da un fremito, che potremmo chiamare della disperazione. Per uno di quei fenomeni soliti ad avverarsi nelle adunanze qualificate, la percezione del pericolo fu comune e bastò per far sopire le idee personalistiche. Una paurosa morsa stringeva la Provincia che, a guisa di un essere, reagiva per istinto all'incombente vivisezione. Impedita di esprimere dal proprio seno chi po– tesse interpretarne in modo degno le aspirazioni, non si sentiva di abbandonarsi all'ignoto. Uno c'era che poteva capirne l'intimo dramma, ed era lì davanti. Pren– desse in mano lui le sorti della tormentata comunità. A cominciar dal Provinciale uscente, quasi tutti gli elettori s'inginocchiano davanti a P. Lorenzo e con le lacrime agli occhi lo scongiurano di togliere il precetto obbedienziale. Mosso a compassione Egli non potè resistere, pensando forse in cuor suo che gli elettori avrebbero meglio ponderato. La votazione, invece, rivelò una designazione quasi plebiscitaria: 81 voti. I Religiosi, senza interporre attesa, intonarono subito l'inno del ringraziamento. Il Padre ebbe un bell'interrompere, un supplicare ancora che la sua salt-1te l'avrebbe obbligato ad andare a cavallo, aggiungendo altre ragioni. Fu ripreso il canto del Te Deum « e si resero le debite grazie a Dio Ottimo Massimo - nota il cronista - che avesse così ben disposte le cose, che tanto minacciavano rovina». In questa elezione, che potremmo dire tumultuosa, c'è il termometro più genuino di una situazione dominata da un autentico gigante. Per la nostra Provincia il titolo migliore per aver avuto l'onore di così grande Provinciale e per la riconoscenza che gli dobbiamo, sta tutta in questo gesto. I nostri Padri, presaghi di una burrasca che sempre più si addensava, si aggrapparono con la forza di un estremo tentativo a Colui che, solo, in quel momento poteva offrire una fiducia. Il prestigio, che il Santo godeva, da questi avvenimenti è inquadrato nel suo vero significato, che non muta anche se le speranze non risultarono in tutto soddisfatte. P . Lorenzo non riuscirà a risolvere lo spinosissimo problema. Anche se grande, non sfuggirà alle insidie della politica; anche se santo, non riuscirà a dominare gli eventi sui quali soffiava l'inesorabile dinamismo delle ambizioni umane. Il Duca di Savoia gli impedirà di metter piede nei suoi Stati, nè al Santo sarà possibile risolvere le dense nubi che soffocavano dall'esterno la vita dei Frati. Il suo compito sarà tutto di... politica interna. Gli animi sentiranno la grandezza della sua statura e probabilmente se non ci fossero state pressioni così massicce, la famosa divisione, se si doveva compiere per inderogabili esigenze interne, si sarebbe svolta in altro clima con tutta spontaneità. • Del passaggio del Santo tra noi, segnato da una incessante fioritura di miracoli (alcuni dei quali abbiamo voluto scegliere per questa stessa pubblicazione), la Provincia ha serbato il più grato ricordo. 22 *

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