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Anche se sovraccarico di lavoro, fu ognora metodico e ponderato. Per esempio, durante le ore di silenzio « regolare » non cedeva alla ten– tazione di usare la sua vecchia e rumorosa macchina Underwood, ma approfittava per dare uno sguardo ai giornali L'Osservatore Romano e Il Tempo. Di quest'ultimo soleva leggere, come svago, le pagine sportive, non perché lui fosse tifoso di una determinata squadra calcistica, ma per la prosa colorita e stimolante dei cronisti. Non ebbe il tempo, e forse neppure la voglia, di sfogliare settimanali e libri di letteratura, nono– stante la sua cultura umanistica. Per quanto ci risulta, amava soltanto i classici, specialmente spagnoli - aveva una copia, palesamente usata, del Quijote. Indizi di queste letture sono certi elementi stilistici, spe– cialmente quando scriveva in spagnolo; ma il suo è un dettato facile e scorrevole, in sintonia con la forma moderna di scrivere e parlare. Non usava ascoltare musica, e mai ebbe una radiolina o un registratore, né indugiava davanti al televisore quando esso, molto tardivamente, fu am– messo nei conventi cappuccini. Nonostante la sua lunga permanenza a Roma, non fu un assiduo visitatore di monumenti e mostre. L'unica ca– ratteristica della sua «romanità » fu un grande amore verso la Santa Chiesa e il papa. Il p. Melchiorre non cercava interlocutori o ascoltatori, ma sapeva essere affabile e buon conversatore quando era avvicinato e interrogato. Un religioso della sua provincia ha scritto: « Quando la prima volta mi trovai con lui, lo sentii tanto vicino, umile e amabile, che subito mi ispirò tanta fiducia. Chiedeva con interesse dei confratelli, si premurava di sapere delle loro preoccupazioni e dei lavori; parlava delle cause dei santi, del p . Pio da Pietrelcina, non con termini e fare da scienziato e da storico, ma con il tono, il gesto e la naturalezza di un colloquio familiare. Insomma, sapeva abbassarsi al mio livello, alle mie conoscenze elementari, senza ferire o farmi sentire a disagio davanti a tanta cul– tura» 71 • Il p. Alessandro da Ripabottoni, suo collaboratore nell'edizione dell'epistolario del p . Pio, scrisse recentemente: « Il mio ricordo perso– nale di p . Melchiorre è dolcissimo e riconoscentissimo. Tutte le volte che m'incontravo con lui, era una festa: affabile, gioioso, fraterno, caritativo, prodigo di consigli e suggerimenti che scaturivano dalla sua consumata perizia di studioso e di uomo che viveva profondamente la vita cappuc– cina. Collaborare con lui è stata per me un'esperienza positiva: non si atteggiava mai a maestro, si discuteva alla pari, si preparava il piano di lavoro in pieno accordo. L'imbarazzo per me nasceva quando ricevevo i suoi dattiloscritti con la lettera di accompagnamento: mi diceva di ri– vedere il suo italiano, e di non soltanto leggere il testo, ma di correggere, tagliare, aggiungere, con massima libertà » 72 • Ebbe grandi amici, attirati dalla sua fama di storico o riconoscenti per indirizzi e suggerimenti, che egli non negava a nessuno; ma certa– mente mai sprecò il tempo in conversazioni e visite, raramente accettate 11 A. Gajate, art. cii., 187. 72 Alessandro da Ripabottoni , art. cii. 23. 37

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