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58 4. I confessori abbiano presente l’esortazione di san Francesco di non adirarsi e di non turbarsi per il peccato di alcuno, ma di trattare il penitente con ogni bontà nel Signore. N. 116 1. Amandoci vicendevolmente con la stessa carità con cui Cristo ci ha amati, se un frate si trova in difficoltà, non lo sfuggiamo, ma aiutiamolo premurosamente. Se sarà caduto, ricordiamoci che ognuno di noi cadrebbe in situazioni peggiori, se il Signore nella sua bontà non ci preservasse. Non siamo quindi suoi giudici, ma veri fratelli e amiamolo ancora di più. 2. I ministri e i guardiani siano vicini con paterna misericordia ai frati che peccano o che sono in pericolo, e offrano loro gli aiuti opportuni ed efficaci secondo Dio. 3. Con la stessa sollecitudine, per quanto è nelle loro possibilità e competenze, i mi-­‐‑ nistri e i guardiani operino nei confronti delle persone o delle comunità, even-­‐‑ tualmente danneggiate dai peccati dei frati. 4. Non impongano pene, specialmente canoniche, se non costretti da manifesta ne-­‐‑ cessità e lo facciano con grande prudenza e carità, fermi restando, tuttavia, i pre-­‐‑ scritti del diritto universale. Comunque, nello stesso spirito, i ministri possono an-­‐‑ che prendere altre iniziative necessarie sia per il bene della comunità e della socie-­‐‑ tà che per il bene del fratello. 5. Ricordiamo sempre le parole di san Francesco nella Lettera ad un ministro: “Da questo voglio conoscere che ami il Signore e me, servo suo e tuo, se ti comporterai così: cioè che non esista al mondo un fratello, il quale abbia peccato quanto è pos-­‐‑ sibile peccare, eppure, dopo che avrà visto i tuoi occhi, se chiede perdono, mai se ne torni senza il tuo perdono. E se non ti chiedesse perdono, domanda tu a lui se vuole essere perdonato. E se mille volte, in seguito, peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me, al fine di trarlo al Signore”.

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