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108 4. Siano pienamente coscienti che l’offerta della propria volontà a Dio fatta spontaneamente contribuisce moltissimo alla perfezione personale e diventa per gli altri testimonianza del Regno di Dio. 5. Stringendosi a Cristo che, pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì, accettino i limiti delle mediazioni umane della volontà di Dio. Memori che la croce è la prova del più grande amore che esige il dono di se stessi, perseverino nella comunione fraterna vivendo così nella perfetta obbedienza e partecipando all’opera della redenzione. N. 166 1. I frati trattino con carità e rispetto i loro ministri e i guardiani. Pronti ad obbedire ad essi in spirito di fede, manifestino loro il proprio parere e le proprie iniziative in vista del bene comune. Spetta ai superiori, dopo aver valutato tutto volentieri con i frati, decidere e comandare le cose da farsi. 2. È obbedienza vera anche tutto ciò che di bene il frate fa con retta intenzione e di propria iniziativa, quando sa che ciò non è contro la volontà dei superiori e che non incide negativamente sull’unione fraterna. 3. E se qualche volta un frate, dopo un dialogo fraterno, vede cose migliori e più utili di quelle che il ministro gli comanda, sacrifichi a Dio volontariamente le sue e di fatto si impegni ad adempiere con l’opera quelle del ministro. Questa è infatti l’obbedienza caritativa che soddisfa Dio e il prossimo. N. 167 1. Coloro che per motivi personali o per situazioni esterne non possono osservare la Regola spiritualmente, possono, anzi devono ricorrere al ministro per chiedere con fiducia consigli, incoraggiamento e soluzioni. 2. Il ministro li riceva e li aiuti con fraterna carità e sollecitudine. N. 168 1. Tutti noi, i ministri e gli altri frati, camminando nella verità e nella sincerità del cuore, conserviamo tra noi una grande familiarità e, per lo spirito di carità, serviamoci volontariamente e obbediamoci reciprocamente. 2. Coltiviamo una stima reciproca tale da non dire mai, in assenza del fratello, ciò che non oseremmo dire con carità alla sua presenza. 3. Così facendo, saremo nel mondo, che deve essere consacrato a Dio, segno di quella carità perfetta che risplende nel Regno dei cieli.

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